“Questa cantina distinta con medaglia
d’oro nel corso governativo 1885″
Il Castello e la Fattoria di Coiano, storica azienda agricola toscana
Dagli Etruschi ai Romani, la storia antica di Coiano
Il castello di Coiano sorge su terre fertili, apprezzate sin dal III secolo a.C. dagli Etruschi e poi dai Romani che vi si insediarono. Lo raccontano i ritrovamenti degli scavi effettuati dal 1986 al 1989 a Poggio Carlotta, dove furono ritrovati reperti oggi esposti nella seconda sala del piano terra del Museo Archeologico di Palazzo Pretorio, a Montaione.
Materiali edili, ceramiche e ossa di animali narrano una storia di popolazioni stanziali, che allevavano maiali, pecore e i bovini per il lavoro e l’alimentazione. I resti di ceramiche come coppe, vassoi, bicchieri, per acqua e vino, insieme a contenitori da dispensa e recipienti per impastare e cuocere rispecchiano una popolazione evoluta, già capace di lavorare la ceramica, così come le corna di cervo per costruire arnesi da lavoro.
La visita dell’Arcivescovo di Canterbury
È sul finire del X secolo che il castello di Coiano diventa un importante punto di sosta e di ristoro, grazie alla sua posizione strategica sulla direttrice di quella che verrà chiamata la Via Francigena.
Nel diario di viaggio di Sigerico, Arcivescovo di Canterbury, che rappresenta la massima autorità spirituale della Chiesa anglicana, si racconta del suo soggiorno al castello di Coiano, nel corso del suo itinerario di ritorno in Inghilterra, a seguito della sua visita a Roma, per ricevere dalle mani di papa Giovanni XV il Pallio, simbolo della dignità e del potere arcivescovile.
1100 – 1369 Coiano sotto al distretto di San Miniato
Nello statuto di San Miniato del 1337 si legge che per ogni terra, villa e castro cinto da mura del distretto vigeva l’obbligo di avere un certo numero di soldati armati di alabarde, lance, balestre.
Il castello di Coiano rappresentava un’importante roccaforte con 50 soldati armati. Insieme al castello di Barbialla, erano avamposti fondamentali per la sopravvivenza della ghibellina S. Miniato, con punti di avvistamento sia sul lato senese sia su quello fiorentino. In caso di pericolo la campana suonava a martello. Se di notte, poi, venivano accesi tre falò sulla torre, tutti dovevano mettersi subito a disposizione del capitano del popolo.
Nel castello di Coiano furono ospitati sia l’imperatore Enrico VI che il papa Giulio della Rovere. Anche altri personaggi illustri vi soggiornarono, protetti dall’elevato numero di soldati.
Nel 1297, inoltre, proprio a Coiano venne realizzato l’unico ospedale del territorio a disposizione anche del castello di Barbialla.
Fu nel 1369 che Coiano e Barbialla, insieme alle terre circostanti, passarono sotto la repubblica Fiorentina, venendo affidate agli Àlbizzi, che destinarono un potestà a controllo delle due fortificazioni e dei territori.
1369 – 1603 L’epoca degli Àlbizzi a Coiano
Fu così che Coiano per due secoli e mezzo – dal 1603 subentrarono i Pucci – restò sotto l’egida degli gli Àlbizzi, una delle più note e autorevoli famiglie fiorentine, ricchi mercanti di lana e parte dei Guelfi neri.
Gli Àlbizzi nel XIV secolo ricoprirono le massime cariche cittadine a Firenze, con ben 98 priori e 13 gonfalonieri di giustizia. Alla morte di Maso degli Àlbizzi prese la guida il figlio Rinaldo, principale antagonista, con Palla Strozzi, di Cosimo de’ Medici, detto il Vecchio. La loro rivalità e la poca risolutezza di Rinaldo portarono alla sua caduta, con il successivo avvento al potere di Cosimo il Vecchio, fautore di un ricambio radicale della classe dirigente fiorentina.
L’ultimo discendente della casata fu Vittorio di Alessandro Piero degli Àlbizzi, che introdusse nuove metodologie di viticoltura nella zona di Pomino.
Alla sua morte nel 1877 i suoi beni passarono alla sorella Leonia, moglie di Angelo Frescobaldi, appartenete alla famiglia dei Marchesi de’ Frescobaldi.
Dai Pucci ai Venturi, le famiglie fiorentine a Coiano
Nell’anno 1603 il castello di Coiano passò sotto ai Pucci, un’antica famiglia fiorentina che annoverava tra i suoi membri personaggi di spicco come religiosi, politici e notabili fiorentini, ma anche mecenati, poeti e letterati.
Da sempre alleati dei Medici, durante il Rinascimento i Pucci furono tra le famiglie più influenti nella vita politica di Cosimo de’ Medici. Quando Cosimo fu imprigionato prima dell’esilio, fu proprio Puccio Pucci a intervenire per migliorare le sue condizioni di prigionia.
Una curiosità. Tra i discendenti più recenti della famiglia Pucci ricordiamo Emilio Pucci, stilista e imprenditore che fondò l’omonima casa di moda nel dopoguerra e divenne famoso, soprattutto fra gli anni ‘60 e ‘70, per gli abiti estrosi sempre molto raffinati.
Nel corso del 1603, Sibilla Pucci sposò Cosimo di Giovan Battista Venturi, portando in dote i beni di Coiano, oltre a una porzione dell’archivio paterno.
Le proprietà di Coiano rimasero ai Venturi fino al 1817, quando morì Ippolito Venturi, ultimo discendente della famiglia. I beni passarono, così, alla nipote Carolina Venturi, con l’obbligo della trasmissione del cognome.
Dal suo matrimonio con il nobile lucchese Paolo Lodovico Garzoni nacquero le figlie Chiara e Marianna Garzoni Venturi. Fu Chiara ad amministrare il patrimonio familiare, composto dai beni di Carmignano e di Coiano, dove risiedette per tutta la sua vita.
Alla sua morte, il 29 dicembre 1871, il castello di Coiano passò alla figlia Carolina Antonia Schneiderff, detta Carlotta. Coiano stava per vivere il suo periodo di massimo splendore.
Il massimo splendore di Coiano
La contessa Carlotta nacque nel 1832. Il 18 giugno del 1849, a soli 17 anni, si sposò a Firenze con il Conte Giulio Dainelli Masetti da Bagnano, nobile originario di Vinci, morto prematuramente a soli 30 anni nel 1854. Rimasta vedova a soli 22 anni, si ritrovò ad amministrare l’attività di famiglia: dimostrò in poco tempo un grande spirito imprenditoriale e una capacità gestionale fuori dal comune.
Nel 1885 ristrutturò completamente le cantine del castello di Coiano, vincendo la medaglia d’oro nel concorso governativo, per allora il più importante riconoscimento a livello nazionale.
Nella cantina fu quindi apposta l’iscrizione:
NEL CASTELLO DI COJANO
LA CONTESSA CARLOTTA VEDOVA DEL CONTE GIULIO MASETTI
LA UNITA PROPRIETA’ EREDITATA DALLA MADRE
MARCHESA CHIARA VENTURI SCHNEIDERFF
PER AMORE DEI SUOI FIGLI
RIDUSSE A MODELLO
COSTRUENDO FRA GLI ANNESSI QUESTA CANTINA
DISTINTA CON MEDAGLIA D’ORO
NEL CONCORSO GOVERNATIVO 1885
AMICI ED AMMIRATORI
IL SUO NOME VOLLERO SCOLPITO AD ESEMPIO
NEL 4 NOVEMBRE 1887
A fine ‘800 la contessa Carlotta trasformò il castello di Coiano in villa padronale, eliminando la merlatura medievale e lasciando un’unica torre. La villa era circondata da un vasto ed elegante giardino, oltre che da un ampio frutteto. La tenuta raggiunse con lei la massima espansione con un territorio di circa 1000 ettari. Fino a metà ‘800 i campi erano dedicati alla coltivazione del tabacco per la produzione di sigari toscani. A seguito dell’entrata in vigore del monopolio statale sul tabacco, la contessa scelse di cambiare destinazione, preferendo impiegare i terreni a vigneti e oliveti, ma anche passarli alla produzione di cereali e piante foraggere, lasciando zone ricoperte da boschi cedui.
La proprietà era suddivisa 25 poderi, ciascuno con una casa colonica e una stalla, condotti a mezzadria. Il censimento del 1871 riporta che nella tenuta di Coiano vivevano 40 famiglie, in totale 312 persone.
Una curiosità. Il 24 novembre 1892 morì, nel castello di Coiano, il senatore del Regno d’Italia Giuseppe Giacomo Alvisi. L’inchiesta, e la successiva relazione sulla Banca Romana, provocò il noto scandalo causando anche la caduta del governo.
La contessa Carlotta morì, a causa di una malattia, a Nizza il 3 aprile del 1905, come riferito dal necrologio pubblicato nel n. 35 della «Miscellanea Storica della Valdelsa». I beni di famiglia andarono a suo nipote, il pilota automobilistico Giulio Masetti, che morì prematuramente nel 1926. Questo pose fine agli oltre 300 anni di storia dei Venturi-Masetti a Coiano.
Elia Volpi: Coiano tra arte e storia
Il castello di Coiano, ormai villa, fu acquistato nel 1926 da Elia Volpi, eclettico collezionista, antiquario e mercante d’arte, a cui si deve la formazione della collezione di Palazzo Davanzati a Firenze. Risale al 1904 il suo acquisto dello storico palazzo fiorentino, il successivo restauro e l’arredo in stile trecentesco, per farne la sede prestigiosa della propria attività di antiquario.
Oggi il museo Davanzati espone molti documenti, dipinti e mobili originari di Coiano, come la lettera datata “Coiano, 30 gennaio 1383”, a firma del fattore Ser Riccomanno Migliorati, dove si confermava la bontà dell’olio e del vino prodotti: “vino che non è da famiglia”.
Nel 1907 Elia Volpi aveva anche comprato il cinquecentesco palazzo Vitelli, alla Cannoniera a Città di Castello, che donò in seguito al Comune per farne sede della Pinacoteca. Solo nel 1951, 13 anni dopo la sua morte, il palazzo fu acquisito dallo Stato italiano.
Il castello di Coiano, invece, nel 1938 passa ai Vannini-Parenti, successivamente negli anni 60’ a Lanfranco Catastini, fino agli anni 80’ quando diventa proprietà di Franco Maestrelli, imprenditore empolese nel settore delle pelli.
La ripartenza di Coiano, la vocazione per il vino
A fine anni 80’ il castello di Coiano viene rilevato da Franco Maestrelli, non solo per la sua passione smisurata per la terra e la natura ma anche per la sua capacità di vedere nella tenuta un grande potenziale. Nel corso degli anni 90’ decide di ristrutturare il castello, riportandolo al suo antico splendore.
Nel 2000, la svolta. L’azienda decide di passare da una produzione e vendita di vino sfuso, all’imbottigliato, presentando sul mercato quattro etichette, due vini rossi e due vini bianchi, a cui nel tempo si aggiungono nuove etichette fino a un totale di dodici. La produzione include poi anche due tipologie di vinsanto, una grappa e un olio extravergine d’oliva.
L’azienda negli anni è cresciuta e si è sviluppata, ampliandosi fino a quattro tenute: Coiano, Vinci, Cerreto Guidi e Baratti. È Coiano il vero cuore dell’azienda, la sede amministrativa, logistica e ricettiva, e soprattutto è lì che si trova la cantina e si svolge il processo di vinificazione.
Con l’avvento della terza generazione sono stati ristrutturati e valorizzati molti altri ambienti delle diverse tenute, con l’obiettivo di sviluppare un percorso di hospitality, di ricettività ed enoturismo, aprendo quindi l’azienda a un nuovo mercato.